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Numero 11 | Luglio 2022

Tempo di lettura: 9'

Ritorno al futuro: back to 70s?

 

"Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero [...] dovrà fare ritorno a te nella stessa sequenza e successione. [...] L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!"

–Friedrich Nietzsche

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Uroboro ne è simbolo: l'universo rinasce e rimuore, ripetendo eternamente il suo corso, rimanendo sempre sé stesso. L’eterno ritorno dell'uguale tocca anche le piccole cose umane, destinate a ripetersi a cicli. Sarà il caso? La Divina Provvidenza? O l’uomo che dalla storia non prende mai lezione?

Gli ultimi anni sono stati impegnativi, si è “inventato” di tutto per mantenere lo status quo. Inutilmente. Eventi dirompenti, portano ad un turning point. Il mondo guidato dai Paesi Sviluppati affronta oggi una crisi economica e di valori. La società va ripensata senza buttare i diritti personali che, dati per acquisiti, sono perennemente da difendere.

L’“operazione speciale” russa è disruptive, al pari della guerra dello Yom Kippur (1973), muta il quadro internazionale, torniamo ad un “mondo a blocchi”, al “confronto permanente” e… l’energia è un’arma!
Allora la chiusura “dei rubinetti” portò ad una fase recessiva globale - oggi? Oggi alla terza crisi energetica siamo, nonostante l’esperienza storica, per nostra poca lungimiranza a chiederci: What if…

Come negli anni ’70, il problema energetico non è solo il prezzo, ma reperire risorse continue ed affidabili. Oggi come allora, la soluzione sarà emergenziale. Nei DM si riproporrà la “romantica” austerity (1973 - domeniche a piedi), nei paesi meno market friendly il blocco dei prezzi. In autunno “libertà o condizionatori” sarà “libertà o riscaldamento”, ma al di là della retorica si rischia che la crisi tocchi la carne viva della società. Se in autunno riavremo lo “scalino dei prezzi” e la mancata apertura delle aziende deboli, si rischia un pericoloso ciclo di tensione e malcontento, in extrema ratio non si può escludere il riproporsi del pericoloso disegno eversivo, tendente alla destabilizzazione degli equilibri democratici costituiti, sviluppatosi negli anni Settanta.

Al di là di nefasti estremismi, la storia insegna che la prima regola nelle difficoltà è trovare un “colpevole”, trovato, oggi, negli “extra profitti” delle “cattive” società energetiche. Non è “solidale” riconoscere un premio ad investimenti che privati hanno fatto al posto di uno Stato distratto. Tale lungimiranza va ora punita con tributi e vincoli illiberali. L’aggio non importa, grave è il ritorno ad una vecchia mentalità, grave il ritorno alla predominanza della politica sul mercato, grave è la discrezionalità che stravolge il diritto, grave è che per il Principe i profitti siano sempre “eccessivi” e le tasse “bellissime”! Che sia acciaio, finanza o energia ritorna la “mano” che stabilisce gli assetti delle attività economiche, i confini tra pubblico e privato.

Tutto bene?
Questo non è altro che il primo tassello di un ambizioso e pericoloso puzzle già visto, che mira a ben altro.

Si riapre la discussione sulla liceità del profitto, che si pensava superata dalla rivoluzione liberista ed individualista degli anni ’80. Senza essere indovino il profitto tornerà ad essere ritenuto iniquo, eccessivo, speculativo e nuovamente colpevolizzato come fattore estraneo e distorsivo del bene comune a cui tendere. E ‘teatro! E’ la perenne dialettica sul senso e limite della libertà individuale. Confronto o soppressione è tutto da vedere.

Il passo successivo è scritto e che si perfezioni con la repressione finanziaria o fiscale sarà l’ennesimo attacco alla proprietà privata, voluto dal buonismo ipocrita di una società vecchia. Come negli anni post boom, quando le parole urlate dalla piazza erano: “la proprietà privata è un furto” (Proudhon) o “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni” (frase celebre di Marx, è in realtà presa dagli Atti degli apostoli (cfr. At 4, 35), la stessa proprietà tornerà ad essere criticata come sinonimo di egoismo e prevaricazione e si aprirà nuovamente il ciclico dibattito, tra chi la vede diritto primario inviolabile e chi come un deprecabile e debole diritto secondario superabile. Il confronto sarà di alto livello morale, stante la posizione che le Autorità religiose romane hanno preso sull’argomento con l’Enciclica Fratelli Tutti (paragrafi 94-97):

«Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno». [94]

«La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata». [95]

Tutti gli altri diritti sui beni necessari alla realizzazione integrale delle persone, inclusi quello della proprietà privata e qualunque altro, «non devono quindi intralciare, bensì, al contrario, facilitarne la realizzazione».

Autorevoli voci riprendono già le urla del passato ma, con tutto rispetto e tante l’argomento non di competenza strettamente religiosa, pare possibile non essere d’accordo. Volendo pensar male l’attacco al diritto di proprietà non è solo un’azione pericolosa e distruttiva, ma nasconde un obiettivo diabolico. In verità ti dico…. mira a piegare l’individuo, tagliando alle radici ogni forma di sussistenza.

Emerge nuovamente una similitudine con i cicli passati, l’individuo è preso tra due idee filosofiche convergenti nel negare la proprietà per soffocare uno dei pochissimi diritti di cui pretendiamo di godere: quello alla libertà. Collettivismo o individualismo, multilateralismo o consessi politici meno estesi ma coerenti, diritti personali o colpe ataviche. Il vecchio ritorna.

Tornando al profano, l’inflazione è la similitudine con il passato più percepita: il ciclo deflattivo si sta spegnendo.

La statistica arriva e registra, tuttavia siamo ancora alle prime fasi di “comunicazione”, utilizziamo ancora una dialettica “pop” attribuendo alle attuali tensioni caratteristiche di temporaneità e gradualità. Guadagnare tempo, del resto, conviene. Miss Inflation “si straccia le vesti” per la spesa degli europei, ma attende, lo Stato si preoccupa per le “fasce deboli” ed intanto vede lievitare nominalmente le entrate (IVA) e lo stock di debito svalutarsi in termini reali. Mentre si fa “melina” si studiano le soluzioni tampone con un mix di parole e sussidi. Ancora una volta si sottostima la “malattia”, da cui tutto deriva. Se non prontamente sfebbrato il sistema andrà in crisi (perdita di fiducia nella moneta). Siamo in presenza di un “fumo distorsivo”, fatto con l’obiettivo di perdere tempo... staremo a vedere, curare la malattia “inflazione” in ritardo può condurre all’adozione di amare medicine difficilmente accettabili.

Back negli anni ’70 – si ritorna al nuovo sempre uguale, andiamo verso un “contesto di folli”, inteso come il ripetere continuamente la stessa azione e aspettarsi un risultato diverso.
Siamo tutti folli, ricerchiamo le risposte con vecchi sistemi archiviati dalla storia.
Il galleggiare senza visione, il perdersi in discorsi filosofici per poi riscoprirsi poveri e meno liberi.
Eppure basta conoscere un minimo di latino: "praeterìtum tempus docet", ma si sa, il latino è una “lingua morta”.

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