Numero 1 | Gennaio 2020
Moneta e inflazione: la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni
Il 15 Agosto 1971 il Presidente Nixon comunicò alla Nazione che il dollaro non sarebbe stato più convertibile in oro. Iniziava quindi la “lunga notte del dollaro” e l’era delle fiat paper currencies. Si preferiva non onorare gli impegni, si barattava la stabilità per un consumismo effimero. Un incremento della quantità di moneta favorisce nel breve i consumi, a discapito tuttavia del benessere delle generazioni future.
Da quel momento si lasciò alla “credibilità” dei politici il controllo della moneta, dimenticando che spesso l’alto obiettivo della stabilità si scontra con la necessità tutta politica della riconferma elettorale.
La possibilità di stampare moneta senza limiti ha sempre “tentato” il potere, che vi ha visto l’opportunità concreta dello scambio benessere/consenso. Questa politica basata sul debito si è mostrata sostenibile e tollerabile grazie a naturali “valvole di sfogo”. L’insolvenza del debitore, ma soprattutto la tassa occulta dell’inflazione, riaggiustavano gli squilibri creati.
Il mondo basato sul nulla, tra perdita del potere d’acquisto e ristrutturazioni, pareva reggersi.
La fiducia su un mondo costruito sul debito è venuta meno nel 2008, quando non si è riusciti a contenere il fallimento di una grande istituzione finanziaria ed Il sistema è stato messo di fronte ad un’ovvietà ritenuta impossibile (cigno nero) - i debiti, anche di una prestigiosa realtà internazionale, possono non essere rimborsati.
La risposta alla paura sistemica è stata inondare il sistema di liquidità e, partendo dai “normali” strumenti di politica finanziaria, si è arrivati a scelte impensabili (tassi negativi a livello planetario) e alle frasi più solenni (“whatever it takes”).
Le istituzioni monetarie hanno deciso per noi ma non sono da biasimare, hanno utilizzato gli strumenti a disposizione per svolgere il compito di tutela loro assegnato. Non avevano completa colpa, la crisi non era che l’inevitabile conseguenza di scelte fatte decenni prima. La risposta, svalutare il mezzo più scambiato (denaro), non era una strategia dell’oggi ma solo la via più normale per non pagare il conto.
Per superare la crisi si è scelto di sostenere indiscriminatamente gli attori del sistema: liquidità per tutti a costo zero, un nuovo default era intollerabile.
L’incremento della moneta avrebbe dovuto portare ad una svalutazione della stessa, il debitore avrebbe “vinto” sul creditore e le tensioni sarebbero rientrate. Questa volta l’atteso evolversi degli eventi non si è realizzato nei termini desiderati.
La moneta è stata “bloccata” da un sistema bancario impaurito a prestare. La liquidità non ha fatto da volano ai consumi, il sistema bancario non ha svolto la sua funzione di distribuzione, anzi ha fatto da “diga” all'incremento monetario.
Questa nuova disponibilità monetaria non è stata inerte, la ricerca di un ritorno ha portato un fenomeno di inflazione finanziaria. Abbiamo assistito ad un generalizzato e globale movimento rivalutativo, i prezzi di azioni ed obbligazioni salivano insieme. La decorrelazione tra le due asset class è venuta meno, mentre perdeva senso il concetto di diversificazione.
Il quadro descritto si è protratto ed esasperato e oggi siamo in una fase di “greed”, alla ricerca di nuove argomentazioni per sostenere prezzi che scontano utili crescenti per anni a venire.
Certamente la simultanea rivalutazione di azioni ed obbligazioni è stata cosa gradita agli investitori, ma questa è solo una prima fase. La successiva, preceduta da una crescente volatilità, sarà un “ritorno sulla terra”. Gli operatori sono in attesa e si preparano anticipando il concetto di “salutare correzione”, senza sapere né il momento né quale scintilla accenderà il falò.
Non resta che osservare quotidianamente i mercati nella consapevolezza che sperimenteremo una fase stressante a livello psicologico, che si concluderà come sempre con vincitori e vinti.
La risposta per l’investitore è cogliere tempestivamente i cambiamenti di umore e le idee vincenti. Per riuscirci bisogna essere agili, disposti a cambiare mentalità e ad abbandonare vecchi schemi di asset allocation. Bisogna essere consapevoli che stiamo sperimentando a livello micro le conseguenze della zero rate policy mentre il quadro macro propone una nuova fase del graduale sorgere ad Oriente di una nuova potenza planetaria.
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