Numero 16 | Ottobre 2023
Dalla Società dell'Abbondanza alla Società dell'Abbastanza
"Ianus Pater, tu che scruti nel futuro, mostra la via per evitare che la nostra ansia trasformi il passaggio dal "fast" allo "slow food" in una sorta di nuovo Medioevo."
Il dibattito sul futuro della nostra società è aperto, e cercare di equilibrare il benessere con la necessità di preservare l'ambiente è una sfida necessaria ma difficile. Una volta accettato questo principio, il passo successivo è attuarlo con un approccio razionale, evitando estremismi dogmatici. Siamo tutti d'accordo su questo?
Ci troviamo in un momento storico critico. La politica è dominata dalla preoccupazione per l'invasione russa dell'Ucraina, le sfide legate alla riapertura della Cina, le tensioni tra le superpotenze e gli ultimi scontri in Medio Oriente. Sul fronte economico, è evidente che il sistema di scambi ed equilibri internazionali, ossia la globalizzazione, è in crisi. Nel contesto sociale, assistiamo all'accentuarsi delle diseguaglianze e all'arresto dell'ascensore sociale. Viviamo in un'epoca di precarietà, impoveriti dalla crisi economica, spaventati dall'"eco-ansia", e spesso cerchiamo rifugio in un "mondo parallelo" dove l'apparenza ha più valore dell'essenza.
L'Internet globale ha contribuito a creare una rappresentazione del mondo che molti percepiscono come una realtà concreta. La linea tra realtà e finzione si è sfumata, e nel mondo artificiale che abbiamo creato, la paura è generata e risolta bypassando il concetto democratico di consenso.
Il passaggio dalla sovrabbondanza alla sobrietà
Ora, dopo il Carnevale, arriva la Quaresima. In questa atmosfera ostile, dobbiamo abbandonare l'idea di tempi spensierati in cui credevamo di vivere nell'abbondanza e prepararci per l'era dell'abbastanza. Cerchiamo l'espiazione teorizzando un mondo bucolico in cui ognuno ha risorse sufficienti.
Questo passaggio dalla sovrabbondanza alla sobrietà è guidato dalla paura, sottolineato dalla "rivoluzione Verde" e supportato dalla propaganda dei media. È come se fosse l'undicesimo comandamento: un ritorno alla madre natura, che può sembrare illusorio e irrazionale. Dimentichiamo quanto matrigna possa essere la terra?
Le ideologie e i falsi idoli affollano un mondo confuso, portando la società verso il nichilismo, una catastrofe in cui gli individui perdono la loro singolarità sotto l'azione omologante dello Stato. Le vie per uscire dal nichilismo sono l'amore, la morte e l'interiorità spirituale espressa nell'arte e nella poesia, come sosteneva Jünger.
La terra è un organismo vivente, e i cambiamenti attuali, in cui l'impronta dell'uomo è spesso minore del suo ego, richiedono un approccio scientifico rigoroso e una pluralità di voci. Dobbiamo fare attenzione a non piegarci alla religione secolare dell'ambientalismo. Come afferma il Nobel per la Fisica John Clauser:
La narrativa comune sul cambiamento climatico è diventata una pericolosa distorsione della scienza, minacciando l'economia mondiale e il benessere di miliardi di persone.
Le sfide e le soluzioni
Esiste un problema da risolvere: dare a miliardi di persone una possibilità di vita dignitosa.
Tuttavia, la prima risposta a questa sfida sembra confusa, spinta da un ecologismo estremo con strategie distruttive e obiettivi così lontani nel tempo che coloro che li propongono non saranno mai chiamati a risponderne.
La guerra "no oil" e le sue conseguenze sottovalutate sono un esempio di questo inizio arrabbiato. Un ambiente ostile ha portato il settore energetico a ridurre gli investimenti, causando una carenza di offerta e rendendoci dipendenti da paesi non amichevoli. Questa miopia della decrescita non è la soluzione. La transizione energetica non può essere imposta in modo ideologico. Quando i politici cercano di fissare i prezzi anziché lasciare che il mercato li determini, si espone la società a scenari negativi, non solo dal punto di vista economico.
In nome di una visione romantica, spinti dalla frustrazione e guidati dall'impazienza, cerchiamo soluzioni immediate. La decrescita è una di queste, un'utopia che non è realizzabile, e se lo fosse, sarebbe tutt'altro che "felice." Diverse scuole di pensiero criticano la decrescita, proponendo alternative basate sulla libertà e sul bilanciamento tra crescita economica e valori quali reciprocità, gratuità e fraternità. La crescita è una dimensione fondamentale di ogni essere vivente, e la vita non esiste senza crescita.
Verso un futuro di equilibrio
La sfida consiste nel trovare il consenso su quale tipo di crescita perseguire e come passare da un sistema basato su un'idea di crescita illimitata a uno che integri la nozione di limiti, sia in termini di risorse, che ambiente che energia.
Per affrontare questa sfida, dobbiamo tornare a valori come lavoro, risparmio e oculata gestione delle risorse, e abbandonare l'economia basata sul debito che non rispetta il futuro delle prossime generazioni. Il processo di consumo razionale richiede un'equa compensazione per i beni e una graduale riduzione della finanziarizzazione, che è una vera utopia, ma una “pietra d’angolo” su cui costruire un cambiamento sostenibile.
La nuova società che si prospetta non deve basarsi esclusivamente sull'espansione quantitativa, ma deve anche abbracciare valori come rispetto, prudenza e oculatezza, che ci permettano di vivere in modo equilibrato. Cambiare l'economia smontando lo "Schema Ponzi" non significa uscire dall'economia. La risposta sta nel ritorno graduale da un'economia sovrabbondante a una basata sulla saggezza e sulla ricerca di equilibrio.
Fonti:
- Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi di Torino "Dall'illusione dell'abbondanza all'economia dell'abbastanza" di Marco Deaglio
- Isaiah Berlin "Due concetti di libertà"
- Stefano Zamagni, "Perché la decrescita non è la soluzione"
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Buono a sapersi
Esiste un gruppo di donne e uomini che sembrano non temere nulla e spingono le loro prestazioni al limite dell’immaginabile e, spesso, oltre.
Ci sono altre persone che cercano di capire quali siano le loro motivazioni. In questo breve articolo si ipotizza che la paura possa essere tra i fattori che permettono queste imprese.
“…but I command myself to walk.”
Dean Potter
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